Onorevoli Deputati! - L'esigenza di un disegno di legge che promuova la tutela dei diritti della partoriente, il parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato nasce dalla convinzione che la promozione della salute materno-infantile sia un obiettivo prioritario da perseguire a livello nazionale, in ragione dei riflessi positivi che è in grado di generare sulla qualità della vita della madre, del bambino e, di conseguenza, della popolazione complessiva.
      Nel nostro Paese negli ultimi quaranta anni si sono verificati rilevanti cambiamenti nella dinamica demografica, cambiamenti che richiedono al legislatore statale

 

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e regionale una rinnovata attenzione verso l'area della salute riproduttiva. Le indagini condotte a livello nazionale mostrano numerosi progressi rispetto al passato - il rischio di nati-mortalità si è quasi dimezzato rispetto ai valori dei primi anni '80, la maggior parte delle donne entra in contatto con un operatore sanitario nei tempi raccomandati e riceve assistenza prenatale, la totalità dei parti è assistita da un operatore sanitario, la percentuale di nati pre-termine e sottopeso è stabile intorno al 6 per cento - ma esistono ancora nodi critici da affrontare per realizzare una piena tutela della salute materno-infantile.
      La natalità è diminuita drasticamente, passando da circa un milione di nati nel 1960 a 569.000 nel 2005, ed è aumentata l'età media delle donne alla nascita del primo figlio, da 25,2 anni nel 1981 a 28,1 nel 1997. Parimenti sono aumentate le gravidanze di donne di trentacinque anni e più di età: da 65.000 (l'11,5 per cento del totale) nel 1990 a 93.000 (il 17,5 per cento del totale) nel 1997. L'aumento di età delle donne alla nascita dei figli incide sul loro comportamento nel corso della gravidanza. Tra le donne che decidono di avere un figlio in una fase avanzata della vita si registrano un più elevato livello di informazione e una maggiore capacità di autodeterminazione sulle scelte da compiere durante la gravidanza e al momento del parto. Nondimeno gli stessi fattori sono alla base di un'eccessiva medicalizzazione e di un sovrautilizzo delle prestazioni diagnostiche, che rischiano di trasformare gravidanza e parto da eventi naturali in eventi patologici. A questo proposito basti pensare che nel biennio 2004-2005 il numero medio di ecografie effettuate dalle donne in gravidanza è stato 5,5 e il 29 per cento delle donne ha fatto sette o più ecografie, mentre il protocollo del Ministero della salute ne raccomanda tre. La percentuale di donne che nello stesso periodo ha svolto sette o più visite è stata del 56,4 per cento. Anche i parti effettuati mediante taglio cesareo sono in costante aumento: 11,2 per cento nel 1980, 27,9 per cento nel 1996, 29,9 per cento nel biennio 1999-2000, 35,2 per cento nel periodo 2004-2005 (con un picco del 45,4 per cento nelle regioni meridionali). Quest'ultimo, oltre ad essere il dato più alto tra i Paesi dell'Unione europea, è di due volte superiore a quello raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1985 (pari al 15 per cento) ed è in contrasto con le stime che indicano il rischio di mortalità materna per cesareo da 2 a 4 volte superiore rispetto al parto vaginale.
      Nel contempo si registra ancora un limitato livello di diffusione delle informazioni necessarie alla donna per vivere con piena consapevolezza la gravidanza, il parto e il puerperio. È ormai acclarata l'importanza della preparazione al parto per la salute della donna e del bambino. La percentuale di donne che ha frequentato un corso pre-parto si aggira intorno al 30 per cento, con forti differenze per area geografica (40 per cento nell'Italia centrale e settentrionale e 12,7 per cento e 14,9 per cento, rispettivamente, nell'Italia meridionale e nelle isole) e livello di istruzione (le donne laureate sono il 65,6 per cento, quelle con la licenza media il 34,2 per cento e quelle con la sola licenza elementare il 20,2 per cento), ma colpisce che a livello nazionale le donne a maggior rischio di non frequentare i corsi siano quelle meno istruite, in fasce di età estreme, che risiedono nelle regioni meridionali, le pluripare e le casalinghe.
      Vi sono alcune differenze territoriali che non possono essere ignorate. Le regioni meridionali e insulari del Paese presentano dati peggiori di quelle centrali e settentrionali per quanto concerne il ricorso al parto cesareo e all'anestesia generale, il tasso di mortalità neonatale e infantile, il basso peso alla nascita, il ricorso all'allattamento al seno. Nelle stesse regioni per le donne vi sono più ridotte possibilità di frequentare corsi pre-parto e di scegliere le modalità del parto. Nel biennio 2004-2005 il 23,4 per cento delle donne nell'Italia meridionale e il 21,8 per cento nell'Italia insulare ha dichiarato di non aver partecipato a un corso di preparazione al parto, perché non organizzato
 

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dalle strutture di riferimento o non accessibile. Il 45,9 per cento delle donne nell'Italia meridionale e il 42,8 per cento in quella insulare ha dichiarato di essere stata sola al momento del parto, perché la struttura non permetteva la presenza di altre persone.
      Da ultimo, è necessario ricordare che la popolazione residente in Italia cresce in buona misura grazie all'afflusso di nuovi immigrati. Il saldo naturale positivo dei cittadini stranieri già residenti in Italia compensa il saldo naturale negativo della popolazione di cittadinanza italiana, contribuendo così all'incremento della popolazione residente nel Paese: nel 2004 il saldo tra le nascite e i decessi della popolazione complessiva è stato positivo per 15.941 unità proprio grazie all'apporto dei nati stranieri. I cittadini stranieri residenti in Italia al 1o gennaio 2005 erano 2.402.157, di cui 1.175.445 donne (pari al 48,9 per cento), per la maggior parte in età fertile. Le indagini finora condotte sulla popolazione immigrata mostrano un maggiore tasso di nati-mortalità e di mortalità neonatale, un maggior numero di parti pre-termine e di bambini a basso peso alla nascita. Emerge altresì una maggiore difficoltà per le donne straniere di accedere ai circuiti di informazione e ai servizi socio-sanitari.
      Alla luce di questo quadro, e in coerenza con gli obiettivi fissati dal Progetto- obiettivo materno infantile (decreto del Ministro della sanità 24 aprile 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000) e con il Piano sanitario nazionale 2006-2008 (decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2006), il presente disegno di legge si propone di promuovere una maggiore tutela dei diritti della gestante e del neonato e un'appropriata assistenza all'intero percorso-nascita da parte del Servizio sanitario nazionale nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, e successive modificazioni.
      L'articolo 1 individua le finalità del disegno di legge, quale strumento normativo inteso a:

          a) promuovere un'appropriata assistenza alla nascita, tutelando i diritti e la libera scelta della gestante, in modo coerente con i modelli organizzativi delle regioni;

          b) assicurare la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell'esperienza della genitorialità;

          c) ridurre i fattori di rischio di malattia, pre e post-concezionali del nascituro attraverso appropriati interventi preventivi;

          d) potenziare l'attività dei consultori familiari, con l'attivazione di programmi specifici per la salute pre-concezionale e riproduttiva, per la tutela della maternità e per la promozione dell'allattamento al seno;

          e) promuovere la più ampia conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche socio-sanitarie raccomandate, con particolare riferimento ai corsi di accompagnamento alla nascita, anche al fine dell'apprendimento e dell'uso delle modalità per il controllo del dolore nel travaglio-parto, ivi comprese le tecniche che prevedono il ricorso ad anestesie locali e di tipo epidurale;

          f) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato; favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l'appropriatezza degli interventi, al fine di ridurre l'incidenza dei tagli cesarei e aumentare la prevalenza dell'allattamento al seno, secondo le raccomandazioni dell'OMS e dell'UNICEF;

          g) promuovere un'assistenza ostetrica appropriata alla gravidanza a basso rischio, al parto fisiologico e al puerperio;

          h) assicurare la qualità dell'assistenza ostetrica e pediatrico-neonatologica nel

 

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periodo perinatale, da valutare con indicatori adeguati sull'impiego e sui risultati delle pratiche raccomandate in base alle prove scientifiche;

          i) contrastare le disequità territoriali e sociali di accesso ai servizi per la tutela materno-infantile anche per la popolazione immigrata, anche attraverso l'adozione del modello basato sull'offerta attiva, migliorando la fruibilità dei servizi da parte della popolazione più svantaggiata e prevedendo l'attuazione di programmi di assistenza socio-sanitaria e di mediazione culturale per le donne immigrate;

          l) promuovere l'offerta attiva di informazione e di consulenza alle donne pre-gravidanza, alle gestanti e alle puerpere, anche mediante i corsi di accompagnamento alla nascita, stimolando l'impegno in tale senso dei servizi consultoriali e ospedalieri, anche al fine di una consapevole scelta del tipo di assistenza, del luogo e delle modalità del parto;

          m) promuovere l'informazione, l'assistenza e la consulenza alle donne e alle famiglie per interventi efficaci nell'ambito del puerperio e della salute psico-fisica relazionale al post-partum;

          n) promuovere la continuità assistenziale per tutta la durata della gravidanza, nel periodo della nascita e dopo la nascita, garantendo l'integrazione tra territorio e strutture ospedaliere.

      Per meglio perseguire in concreto tali finalità, l'articolo 2 prevede, al comma 1, una specifica rimodulazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali a favore della gestante, della partoriente e del neonato, con le consolidate procedure di cui all'articolo 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in tale senso individuando alcune specifiche priorità, quali, in particolare:

          a) l'aggiornamento e la verifica delle prestazioni inerenti all'assistenza preventiva per la salute preconcezionale e in gravidanza;

          b) il controllo e la gestione del dolore nel travaglio-parto, nel quadro di una maggiore e migliore umanizzazione dell'evento nascita, anche attraverso il ricorso a tecniche avanzate di anestesia locale e di tipo epidurale, in condizioni di appropriatezza e nell'ambito dei modelli organizzativi locali;

          c) l'allattamento materno precoce e il rooming-in;

          d) la dimissione precoce ed appropriata della partoriente e del neonato nell'ambito di percorsi assistenziali specifici, che comprendano risposte multidisciplinari, rivolte sia alla madre sia al bambino, nell'ambito dell'integrazione ospedale-territorio;

          e) la garanzia di un'adeguata rete di emergenza per il neonato e per la gestante favorendo, ove possibile, il trasferimento preventivo della gestante presso un centro appropriato.

      Al comma 2 dello stesso articolo, peraltro, si prevede che, per garantire la copertura dei maggiori oneri conseguenti all'applicazione delle disposizioni del comma 1, con le stesse procedure ivi previste, per converso, siano contestualmente rimodulati i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali diverse da quelle considerate nel medesimo comma 1.

       L'articolo 3, infine, prevede in particolare una specifica intesa con le regioni, in coerenza con il Piano sanitario nazionale 2006-2008, adottato con il citato decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, da stipulare ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, espressamente diretta a promuovere in modo concertato le attività volte a realizzare le finalità della legge; e, coerentemente, si demanda alla medesima intesa, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il compito di definire in modo condiviso l'entità delle risorse poste nella disponibilità del Servizio sanitario nazionale e vincolate

 

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ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge n. 662 del 1996 (legge finanziaria 1997), da destinare alle finalità in esame, tenendo conto degli interventi con esse già attivati.
      Nello stesso tempo, il compito di definire le modalità di monitoraggio dell'attuazione del testo legislativo è affidato allo speciale Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'intesa tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, mentre sarà il Ministro della salute, nell'ambito della sua relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano sanitario nazionale, a riferire al Parlamento sugli esiti di detta intesa agli specifici fini della legge, sulla base dei dati rilevati in materia a livello regionale.
      È peraltro doveroso precisare che uno specifico rilievo formulato dalla Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e finanze - formalmente ostativo, ove non fosse stato accolto, all'ulteriore seguito del disegno di legge - ha reso indispensabile, al comma 2 dell'articolo 3, il parziale ripristino del testo originario come preliminarmente approvato dal Consiglio dei ministri, con il limite, collegato all'1,3 per cento delle disponibilità complessive per il Servizio sanitario nazionale e vincolate ai sensi del citato articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dell'entità della quota di risorse da destinare alle finalità della legge. Per tale motivo, diviene così impossibile recepire integralmente nel testo del disegno di legge la richiesta espressa dalle regioni concernente il medesimo articolo 3, comma 2, che era stata già accolta nella seduta della Conferenza unificata del 5 ottobre scorso.
 

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